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mercoledì 10 ottobre 2012

Furioso Orlando




Dirò d’Orlando in un medesimo tratto
cosa non detta in prosa mai, né in rima:
che per amor venne in furore e matto,
d’uom che sì saggio era stimato prima;
se da colei che tal quasi m’ha fatto,
che ’l poco ingegno ad or ad or mi lima,
me ne sarà però tanto concesso,
che mi basti a finir quanto ho promesso.



Interessante rilettura dell'opera di Ludovico Ariosto, quella che ho visto ieri sera in scena interpretata da Stefano Accorsi.
Sicuramente atipica, non certo struggente, ma nel contempo originale. Accorsi è brillante, ha una bella voce e una bella presenza, ma secondo me non ha ancora fra i suoi atout, una maturità che non deve necessariamente essere anagrafica.
Brava la sua compagna di scena, versatile e poliedrica ma con un accento francese talmente forte ed ancor più fortemente accentuato, da risultare oltremodo fastidioso all'ascolto.
Un opera in versi dovrebbe suonare nella recitazione, in modo quasi musicale, invece con questi inframmezzi femminili in italiano stentato, diventa stridente come lo sferragliare di  un tram sulle rotaie.
Unica nota stonata di uno spettacolo pur sempre gradevole nel suo insieme, che ha il pregio di rinnovare nelle nostre memorie, i bellissimi versi dell'Ariosto.



Era come un liquor suttile e molle,
atto a esalar, se non si tien ben chiuso;
e si vedea raccolto in varie ampolle,
qual più, qual men capace, atte a quell’uso.
Quella è maggior di tutte, in che del folle
signor d’Anglante era il gran senno infuso;
e fu da l’altre conosciuta, quando
avea scritto di fuor: Senno d’Orlando.




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